domenica 27 gennaio 2008

Follia ( ad Alessandra ed Eugenio, ed ai loro padri )


Qualche anno fa, ero arrivato a creare tutta una teoria sulla Follia.
Una teoria per cui, senza, non sarei potuto essere vivo.
E così, ho cominciato ad impegnarmi, giorno per giorno, nel diventare pazzo.
Cercando di vedere le cose in prospettive allucinate, o facendomi del male fisicamente o mentalmente, umiliandomi, mettendomi in situazioni assurde ed infelici solo per affossarmi un poco di più, adottando comportamenti diametralmente opposti al mio standard.
Verrà da ridere, o da pensare quanto fossi sciocco.
Ma ha funzionato.
Sempre più giù. Una spintarella per ritrovare il fiato, e poi a nuotare ancora più in basso.

Alla fine ci sono riuscito, ho scalzato una grossa zolla, ed ho cominciato a dare seriamente fuori di matto. E li ho capito che non avevo capito. Quella cosa che avevo teorizzato come elisir di vita, era diventata un treno diretto a trecento all'ora verso la morte, o per lo meno, verso un certo tipo di morte.

Il cammino per trovare la stabilità è stato orribile, e difficile. Ci sono stati diversi momenti che non mi avrebbero concesso di esser quì ora. La forza di volontà spesso cozzava con la depressione, e con gli eventi ostili.
Ma nessun'altra esperienza poteva essere tanto formativa.

Oramai esiste uno stereotipo anche per la follia.
La gente che si vanta di essere pazza, fuori di zucca, è spesso stupida e leggera.
Ed uguale a tutte le altre persone che si accontentano di essere sputate da una fotocopiatrice.
Chi si avvicina alla follia, o chi già c'è dentro, non ci trova nessun vanto.
Certo, c'è la pazzia del quotidiano. Quella che ci fa fare 4 ore di strada per 2 di discoteca, che ci obbliga a divertirci a Capodanno, o che ci fa sentire soli in un condominio di 30 famiglie.
Ma quando si parla di pazzia, nessuno ha il diritto di scherzarci, o di vantarsi.
Nel rispetto di chi l'ha vissuta, e di chi accompagna il suo viaggio.

Chi fa diversamente, non è un "matto". E' solo un altro supido arrogante.

domenica 20 gennaio 2008

Eterno


C'è una panacea al sapore di fiele che nasconde ogni finto dramma personale: che tutto finirà.
Non siamo destinati all'eterno, non solo come soggetto, ma nemmeno come specie, come pianeta, come universo.
Ed un conto è sapere che si deve morire, ed è già difficile accettarlo.
Ma l'idea che tutto ciò che siamo stati, ciò che abbiamo fatto, cadrà nel nulla, nell'oblio, toglie senso a tutto. E allora, perchè andare avanti? Perchè farsi venire l'ulcera perchè a fine mese coi soldi non ci arrivi, se poi della tua fatica non si ricorderà nessuno?

Ci sarà un'epoca, un momento, in cui nemmeno il nome di Dante, di Michelangelo o di Bach avranno una bocca su cui stare, un'occhio, un cuore, un orecchio che li possa venerare.
Un giorno non sarà più nulla.
Il peso di tutto questo, è il ventre delle religioni.
Ma ditemi: riuscireste ad immaginarvi felici in un posto uguale a se stesso per l'eternità?

giovedì 17 gennaio 2008

Intermezzo scjioppingh..


sono sparito da tre giorni.

La polizia mi cerca.

Pensano che gli strani movimenti sul postamat siano dati da un furto.

Così abituati a vedere solo le voci:affitto, rata scuola, farmacia, quando quelli delle poste hanno visto ( per ora ) 300 euro di spese in negozi di vestiti hanno dato di matto, e convinti che avessi fdatto un furto e mi hanno denunciato..

raga, chi non ha visto dovrebbe vedere cosa sto comprando... maglie dark, pantaloni punk, giacca da carabiniere, scarpe truzzissime e una cravatta assurda, e non è ancora finita!!!

domani voglio spendere spendere spendere... sophie (kinsella) mi sposerebbe !!! :-)

perché non arrivano più spesso queste paghe sostanziose??? l'economia riprenderebbe all'istante..

un bacio a tutti, quando mi rilasciano ricomincerò con l'alfabeto ...

sabato 12 gennaio 2008

Delitto ( sono guarito!!! )


Visto che per l'ultimo post sono stato sgridato di essere troppo prolisso, questa volta sarò breve (spero).

Quante volte avete pensato di commettere un Delitto?
di uccidere una persona?
E' un'idea che mi ha sempre affascinato.
Punterei su di una lama, o a mani nude.guardando la persona negli occhi, fino a cercare di cogliere il momento in cui la sua anima se ne esce dal corpo, fino a quando non è più.
Forse ci vorrebbe un pò di esperienza, quindi, reiterare il crimine: non è facile cogliere un momento così delicato... e poi, un momento è una sezione comunque divisibile: c'è un momento in cui la vittima sarebbe poco morta, ed una in cui sarebbe molto morta?
Insomma, credo di aver la predisposizione ad essere un Serial Killer.
La cosa che mi frena per non è solo una questione morale (anche perchè, in un atto di cinismo, potrei anche dire che ci sono vite che se non ci fossero forse sarebbe uguale, o meglio) .
Per buona parte mi preoccupa la responsabilità penale del gesto.

Se ammazzassi una persona, quanto mi spetterebbe? 8 anni di carcere? 10? se ne ammazzassi di più, forse l'ergastolo... e credo sia giusto: nessuno alla fine ha diritto di decidere il destino di un'altra vita ( compresa la Chiesa ed il suo opporsi all'eutanasia ).

Ma allora mi domando: perchè troviamo a piede libero certi pluriomicidi, che devono rispondere della vita di 100,1000 o quasi 100.000 morti? E non solo questi personaggi non vengono messi dietro le sbarre. Li vediamo dietro lo schermo di un televisore, a Porta a Porta, a fare comizi sulla necessità di un regime democratico in Iraq od in Afghanistan, od a pregare un Dio menefreghista ogni Domenica da un terrazzino che vedrei bene in Antartide.
Sono quelli che coprono le attività dell' 'ndrangheta, della mafia..
Sono quelli che hanno mandato soldati a morire ed hanno fatto uccidere civili innocenti.
Sono quelli che se ne fregano di ciò che succede in Somalia per questioni economiche.
Sono quelli che vietano l'utilizzo del preservativo in Africa per "motivazioni etiche divine".
Sono quelli della pena di morte.
Quelli che non proteggono i giornalisti che vogliono fare il loro lavoro, ma spesso fanno si che possano essere facili bersagli.
Sono quelle aziende che producono le armi.
Quelle che finanziano reggimi corrotti.
Le banche.
I produttori di petrolio che pur di non perdere un guadagno, boicottano ogni mezzo alternativo per produrre energia, uccidendoci di tumore e malattie respiratorie e cardiovascolari.
Le industri farmaceutiche con i loro ricatti economici e i loro effetti collaterali "ad hoc".
Sono quegli imprenditori responsabili delle morti bianche, che pur di risparmiare i loro soldi se ne fregano della vita di chi sfruttano.
E lo siamo anche noi, ogni volta che uscendo fuori casa, ce ne freghiamo di ciò che succede attorno a noi.

So che è un ragionamento da idealista. Ma prima o poi sarà la nostra generazione quella degli imprenditori, dei politici, e delle vittime.
E' davvero impossibile cambiare indirizzo a tutto questo?

martedì 8 gennaio 2008

Casa


La prima volta che mi sono chiesto realmente cosa fosse la Casa, è stata in una frase due anni fa, in cui precisavo "no no,sono rimasto a casa a Firenze, non sono tornato a Bergamo".

Cosa fa di un luogo la nostra “Casa”?


La sensazione che ora ho è di essere senza casa, senza radici, senza stabilità...

Non è più casa mia Solto, e non lo è neanche Firenze. E' una situazione in cui tutto è possibile, in cui la paura del non avere una base si fonde con le possibilità che l'assenza di vincoli offre.

In realtà, il dovere schiaccia questa forza potente. E quindi il sentimento prevalente è l'angoscia: molti doveri, molti obblighi e delusioni, molte cose prese a naso chiuso, e nessuna base in cui tornare.

Perché abbiamo sempre bisogno di un punto fisso, perché non siamo capaci di essere il nostro rifugio?


Casa è una parola immensa. Casa a volte è un'idea, la casa che avremmo sempre sognato è una meta, forse LA META, in questa generazione precaria.

Casa è una persona, casa è l'uomo che amo, quando mi fa sentire in pace ovunque.

La casa dovrebbe essere quel posto in cui nulla sembra poter andare male. O in cui, l'assoluta tranquillità e prevedibilità degli eventi ci fanno sentire al sicuro. Ci sono uomini che vedono la Casa nella loro officina, nel loro ufficio, lontano dai drammi famigliari, o semplicemente dalla noia e dalla frustrazione di quello che rimane un semplice domicilio.

Perché la Casa è un luogo vissuto in cui ognuno vorrebbe essere se stesso. C'è chi non sopporta di condividere un appartamento, chi non rimarrebbe mai solo. Chi non dorme,senza qualcuno accanto, chi gira nudo appena può, chi passa le ore ad osservare i vicini. C'è chi ci muore e chi ci nasce. Almeno per le vecchie generazioni, la casa era la storia della propria famiglia: una coppia nasceva, cresceva, arrivavano i figli, che se ne andavano, arrivava la vecchiaia, i lutti, e poi un nuovo ciclo.


Chissà cosa pensa una casa,... Credo molto ai fantasmi, e penso che siano le emozioni trattenute da queste pareti, dalla calce, dal legno, come vibrazioni che poi vengono nuovamente buttate fuori, uno spurgo osmotico di sentimenti. Una casa non può essere un materiale morto, inerte. Vede tutto, sente tutto, è l'unica spettatrice di ogni dramma gioia o sfogo della nostra anima. Vede quando litighiamo, quando facciamo l'amore, quando piangiamo della nostra solitudine, quando il nostro lavoro va male e ci ubriachiamo, o quando festeggiamo una nascita.

Deve essere un animale saggio, che spesso cerca un contatto con noi, soprattutto quelle vecchie: nascondono oggetti, fanno scherzi con gli specchi o con le finestre, provano a parlarci sbattendo i panni tesi o facendo cadere bottiglie rimaste immobili per secoli.

Ci sono case tristi, che ci stendono un'aria tetra, scura sulla pelle.

Ci sono case luminose, che nascondono grossi segreti.

Ci sono case che sanno di naftalina e ricordi della nonna, e che ci fanno ridere quando ci mostrano un vecchio giocattolo.


E poi, c'è chi ci vive dentro...

Io non ho casa e non ho famiglia.

Sono il figlio di nessuno, il soffio del vento che per sbaglio ha seminato un ventre sterile, sono il momento che risiede tra l'aurora e l'alba, tra il mare e l'orizzonte.

Non ho casa e non ho famiglia.

Non ho casa e non ho famiglia.

Non ho casa e... ed ho cercato sempre una famiglia altrove, sperando in una nuova resurrezione, in un perdono. Per gli Indù quando ci reincarniamo scegliamo dove rinascere, per metterci alla prova, per evolverci ad uscire dal Samsara.

Che si creda o meno ad un'aldilà, la famiglia ha enormi responsabilità sociali, perché è la vera officina dell'anima...

Dovrebbero esserci scuole per diventare genitori, corsi di abilitazione alla professione, è il lavoro più lungo, duro ed importante del pianeta. Dal comportamento di un genitore dipenderà la felicità di un essere, di una vita. La vita ha un valore infinito, e come tale, la responsabilità di questa coppia deve essere infinita.

In un periodo in cui si parla di valori della famiglia, vedo solo argomentazioni sterili.

Si difende la famiglia, si dice che non si può permettere ad una coppia gay di avere un riconoscimento legale, di avere dei figli.

Però poi nelle coppie “istituzionalmente accettate”, sposate e consacrate nel Sacro Vincolo di Nostra Chiesa delle Disgrazie, il nascituro vedrà i due genitori 4 ore al giorno, sotto stress per le otto, dieci ore di lavoro, per l'incapacità di arrivare a fine mese nonostante ci si faccia il culo in un posto di lavoro del piffero, lasciando il bimbo nei migliori dei casi alla nonna, anche se oramai le babysitter D.O.C. si chiamano TV, playstation, Nintendo WII...

Oppure ci sono famiglie in cui uno dei due partner ha un atteggiamento moralmente più discutibile del prenderlo nel culo: chi beve, chi si droga... o chi spende parte dello stipendio per giocare alle slot Machines, al Lotto, dove il padre non torna a casa, o dove la madre dimentica il figlio in un negozio ( andate ad un Toys e chiedetegli quante volte capita in una settimana che dei bambini rimangano disperati senza genitori ).

Oppure si può guardare la situazione perfetta, in cui il padre lavora, la madre è in casa, ci sono due pargoletti in casa... Quanti drammi ogni giorno nascono in famiglie “normali”, nelle stanze di vicini tranquilli, pacifici, che ci hanno sempre portato la posta fino alla porta, offerto il pane se non ne avevamo, aggiornato sui pettegolezzi del momento?

Che si parli pure di famiglia: lo Stato, quella sorta di macchina perversa che si prende un terzo del mio stipendio al mese, cosa fa perché un bambino possa avere tutti i mezzi a disposizione per sviluppare le proprie potenzialità? Lo Stato a mio parere serve solo a questo: a fare si che tutti, ricchi e poveri, possano maturare al massimo le proprie capacità, a vantaggio dello Stato stesso. Lo Stato è un buon contadino che fa si che ogni albero possa attecchire al massimo, sfruttare ogni elemento che il terreno gli offre, e dare frutti dolci e succosi.

La nazione è la nostra grande Casa, la Casa comune. Una Casa in cui c'è chi ruba, chi non chiude la porta e lascia entrare grossi prepotenti transatlantici, chi non pulisce, chi chiude un occhio su cosa succede in certe stanze... una casa che non funziona, con letti d'oro e porte di carta... una Casa che è sempre meno nostra, che non ci lascia più nulla, che non ci da speranze, che chiede e non da...


Passano i giorni, gli anni, e nulla cambia: non ho Casa, non ho famiglia.

Voglio avere la possibilità di invertire la rotta.

630-08-0 ( intermezzo musicale )


02 Gennaio 2008

630-08-0


Grigio

è il tocco di questa stanza

vuota

la mente

chiede un poco di respiro

la luce ne punge

i costrutti incerti

e lei scavalca la realtà

nel sentiero buio che la trascina

all'uomo d'ombra

dal cappello di tela.

Abbozza un gesto

ma non saluta

soffoca il passo

la ghiaia nera

mentre le tende la mano,

vento di noia.





lunedì 7 gennaio 2008

Bastardo


Credo che la B spetti ad uno dei "complimenti che ho ricevuto più spesso in quest'ultimo anno...

Vorrei capire, quando mi viene dato del Bastardo, a cosa ci si riferisca...
A volte non serve aprire bocca per farmelo capire.
Ad esempio, l'altra sera alla flog direi che la metà delle persone che conoscevo in un modo o nell'altro mi hanno evitato, hanno cercato di non parlarmi, per qualche strana regola cosmica.
Eppure anche quello è un modo di esprimere un giudizio negativo..

A ritroso mi è più facile darmi determinate risposte... In prima istanza, eliminerei dall'analisi quelli che mi giudicano tale perchè non li ho scopati... Credo non serva nemmeno un giudizio...
Sicuramente una buona fetta invece mi ritiene tale per il mio "simpatico" vizio di sparire...
Diciamo pure che possono avere in parte ragione. Per quanto, alla fine, il più delle volte è gente con cui sono uscito, una o due volte, e che quindi non ha un granchè diritto a giudicarmi per ciò che faccio o non faccio... Solo, il mio tempo è poco, perderlo in situazioni che sembra non possano lasciarmi nulla in mano lo trovo stupido. E' vero, il rischio prendendo una decisione in poche ore è quella di commettere un errore, magari non riconoscendo un'ottima occasione... Per ora il mio naso ha sbagliato si e no due volte, ma non è a questo che volevo arrivare... Nè al fatto che, come personalmente evito di sparlare di cattivi amanti o persone noiose che ho rifiutato ( nè di chi mi ha scaricato alla stessa maniera ), gradirei un simile trattamento.

Giudicare una persona è errato a priori. Nemmeno dopo 20 anni di convivenza potremmo capire quale sia la molla che spinge alcune persone a determinati comportamenti, nè possiamo pretendere che tutti abbiano uno stesso codice etico o morale. Solo perchè ci comportiamo come la gente normalmente si comporta ( e per me normale è quasi un'offesa ) questo non ci giustifica quando mettiamo un'etichetta di pubblica accusa ( ed in teoria, anche di pubblico apprezzamento ) su di una persona solo perchè ha tenuto un comportamento che ci ha leso od offeso.
Evitando di affrontare i casi limite, non c'è scusante al giudizio.
Anche perchè è il precursore del pre-giudizio. Chi di voi è cresciuto in un paesello di un migliaio o due di abitanti, sa che una cattiva voce può anche uccidere qualcuno.
Una mia cara collega di scuola mi ha spiegato quale meccanismo malsano si celi nei rapporti interpersonali nel piccolo paesino calabrese dove è cresciuta sua madre. Una situazione in cui la gente, per noia, affossa con i pettegolezzi le persone per screditarle, e poi poter mostrare a tutti la propria bontà nell'aiutare la vittima di turno. Non fossi cresciuto in campagna, non ci avrei creduto...
E questo è il meccanismo che ci fa alzare il dito contro il rumeno o l'arabo, come prima lo facevamo contro ( pardon ) i terùn o prima ancora contro gli ebrei, e via all'infinito..
Possibile che, la nostra civiltà tanto evoluta, sia così beceramente stupida e superficiale?
Il giudizio ed il pregiudizio sono l'affronto più grande alla libertà, perchè non riconoscono un diverso modo di essere che non sia il proprio. E visto che siamo quelli che si sono permessi di "esportare la democrazia " provocando più di 95.000 morti in 6 anni ( 85.766 in Iraq al 19/12/2007; 4.857 in Palestina a pari data,4500 circa in Afghanistan ) (ovvero, mezza Prato cancellata, tutta Lecce bombardata,53 volte il mio paesino massacrato), non possiamo permettercelo.

( missà che questo post sarà pesante da leggere...)

Diverso è il discorso per il personaggio pubblico, soprattutto se è politico.
In tal caso l'offesa è quasi un obbligo morale, sempre nei limiti del lecito.
Per ricordare all'idiota di turno quanto sia umano, perchè sia li e soprattutto per chi.
Evito di commentare eventi come l'Editto Bulgaro o la definizione di satira data da diversi politici di entrambi gli schieramenti ( come se esistesse ancora una differenza... ), ma trovo un diritto il poter insultare il politico, anche pubblicamente. In fondo è un essere umano, che caga e piscia come noi, e visto ceh la tendenza è quella a dimenticarselo..
In realtà con il poco interessamento della popolazione alla politica, e del suo rimbambimento televisivo, l'insulto gioca più a favore di chi lo riceve oramai, strumentalizzato a seconda delle situazioni come attacco politico ad una vittima verginella innocente pluriottantenne o per farsi vedere più umano, e quindi più amichevole, all'esercito di mononeuroni di turno...

Quindi, a chi mi da del bastardo, o qualsiasi altra cosa, suggerirei di guardarsi alle spalle...
A volte può succedere che arrivi l'"effetto boomerang".
Ed, in ogni caso, preferirei che dopo un giudizio del genere, saluti e sorrisini falsi vengano evitati...

domenica 6 gennaio 2008

Affetto

Alla fine ho deciso...
Alla lettera A spetta l'Affettività...
Parlare solo dell'Amore o dell'Amicizia, sarebbe troppo limitativo...
Ed era un argomento che non potevo evitare.
Perchè anche il più nichilista degli uomini senza un rapporto umano è come un piccolo zombie su questa terra.
Non è per me un argomento tanto scontato, non ho ancora imparato a fidarmi della gente, ancora il mio cervello selvatico rimane sull'allerta, non si lascia andare, rimane sempre con una razionale via di fuga, nel caso un qualsiasi tipo di rapporto, d'amore o d'amicizia dovesse rompersi, come se temesse sempre di essere tradito, abbandonato...

Non trovo molta differenze tra l'affetto verso l'uomo amato o verso un caro amico. Non credo sia nemmeno la fisicità a farne il distinguo. Però il rapporto con un amico è molto più difficile. Il sesso in molte relazioni è un grande collante, e quando questo ha finito il suo potere, entra in gioco l'abitudine, il senso di colpa, i meccanismi malati che mantengono a galla rapporti finiti per tutta una vita.
Ma con un amico questo non può succedere. Si richiede molto ad un amico, forse perchè il rapporto è meno esclusivo, o semplicemente meno ipocrita. Fino ad un anno fa, certe cose non le avrei nemmeno pensate, ma ora so che senza alcune persone tante cose non le avrei superate.

Non sopporto però chi non riesce a star solo, in entrambe le situazioni.
Se qualcuno ha bisogno di un'altra persona, non mi da fiducia, perchè il rapporto che questa crea non è di affettività, ma è piuttosto la soddisfazione di un bisogno per lui fondamentale. E' una relazione non con chi ha a fianco, ma con l'effetto che questa provoca. Di conseguenza, quella persona non è amica di Caio, ma amica della sicurezza che Caio gli da, e se non ci fosse Caio, ma ci fosse Mario o Luigia, l'unica differenza sarebbe nei sostantivi.
Sono quelle situazioni, che vediamo ogni giorno, se ci fosse il partner/amico od una pianta alla fine cambierebbe poco ( e forse in meglio ).

Poi c'è l'autoaffettività. Delle tre direi proprio che è la più difficile e tremenda.
Sono sicuro di aver amato almeno una volta, di "amare" almeno due cari amici, ma non riesco ad amare me stesso. Non mi piace il mio corpo, non capisco le sue richieste. Odio la mia testa che non funziona sempre bene, odio la mia pigrizia ed incostanza...
Amare se stessi credo sia il Nirvana del Post Moderno. Facciamo tantissime cose per noi: palestra, vita sociale, shopping, leggere... Lo facciamo per accrescere qualcosa in noi, per capirci un poco di più, per mettere un silenziatore a quel ronzio di sottofondo che ci infastidisce così tante volte, ma lo facciamo come un riflesso! Facciamo queste cose perchè così ci è stato insegnato, e non sappiamo sederci al buio, ed ascoltarci, fa paura. e fintanto che non sappiamo ciò che vogliamo, non possiamo capirci ed amarci.
e fintanto che non amiamo noi stessi, fintanto che non ci accettiamo ( ma non con rassegnazione, dev'esserci gioia nel gesto ) non potremo costruire rapporti veri con chi abbiamo accanto, ma solo situazioni precarie fatte di maschere di difesa e scudi e parole spesso vuote.
L'affettività è stata sporcata, insozzata dalla letteratura commerciale, dai saggi da cesso sull'autostima, dai film del piffero che piacciono tanto alle scolarette, dalla musica pop.
Riprendiamoci i nostri affetti, è la nostra guerra...

venerdì 4 gennaio 2008

My Lovely Cistifellea


Stavo pensando di fare una specie di piccolo dizionario di lingua Marchense... una specie di alfabeto mio... avventura non certo scontata... perchè se comincio a pensare a come ridurre ci
ò che sono a 21 parole, mi sembra di avere in mano un granello di sabbia, ed insieme un universo...
prendiamo la lettera "A". Potrei parlare dell'amicizia, dell'amore, dell'alba, dell'alterità,dell'angoscia per la vita, dell'assoluzione che vorrei ricevere per certi peccati.... e con la "S"? Avrei pagine sul sesso, sul senso di colpa, sulla società, sulle Spice o sulla serenità i
ntrovabile... e voi, i 4 poverini che hanno messo un voto al dissondaggio, quali parole scegliereste? Anzi, esageriamo... sceglietene una sola ( tanto so che nessuno di voi posterà... :-( ).

Nel frattempo il mio tentativo di superare il bisogno dell'alcool mi ha indirizzato verso l'assolutismo suicida della Red Bull... e così sorseggio il veleno rosso mentre leggo un libro su Rudolf Steiner, o per lo meno, ci provo... se sentite un grido non preoccupatevi: è la mia pressione che si è trasformata in un treno...
Un giorno o l'altro pagherò per tutte le schifezze che ingerisco... spero solo di essere incosciente quando accadrà...

giovedì 3 gennaio 2008

Il Porno è biodegradabile?

Vorrei sapere chi Diavolo ha inventato il porno...
per ucciderlo... o per fargli un monumento...
Ho preso la tastiera per domandarmi una cosa che a sua volta si chiese quella gran vacca di Madonna quando ancora era una dea, ovvero, 15 anni fa oramai... (cavoli, ero tanto innocente..): il porno degrada chi lo fa?

Lei diceva di no.

Secondo me ha ragione, ma ma non nei suoi termini.

Da quando ho il pc mi masturbo pressoché tutte le sere, ma i miei record di durata e di piacere sono caduti in pochissimi giorni... ad esempio vengo in meno di dieci minuti e nemmeno me ne accorgo quasi.. prima quando mi dovevo impegnare di più con la zucca, ci impiegavo anche un'ora, ma con risultati tantrici... oramai sono all'opposto della teoria orientale:invece di godere senza venire, vengo senza godere.

I poverini dello schermo ci hanno rimesso?

No.

Quindi al massimo il prono degrada chi lo usa.

Mentre se dobbiamo guardare il perché quelle persone recitino nei porno, la risposta quale diavolo è? Ho un amico che ci ha fatto un pensierino... ed un provino.. non è nè povero, nè particolarmente stupido o amorale o che... a volte mi chiedo se farmi illudere da un discreto quantitativo di persone in merito non dico ad una storia, ma ad un orgasmo decente, non valga la pena di fare l'inverso: partire dal presupposto ceh difficilmente sarà piacevole, per guadagnarci qualcosa... e magari, avere ogni tanto una sorpresa piacevole...

Davidino


Dopo essermi accorto che i miei problemi con l'italiano si stanno facendo sempre più gravi, ho avuto un discreto trauma oggi vedendo Mulholland Drive di David Linch.
Oltre ad aver intrippato me e Marta per almeno un'ora nel cercare di svolgere la storia, mi ha fatto due effetti strani: uno smodato desiderio di bere, e una fame sessuale immensa... No, non c'entra nulla la scena di sesso lesbo, che per altro per i miei gusti sessuali porterebbe a poco... E' la scena della cena, verso il finale, ad avere una lentezza così perversa da farmi parti gli ormoni... Un giorno o l'altro capirò le dinamiche del mio cervellino... Per ora mi accontento di stupirmene... nel mentre sono alle prese con la mia cara Mena... la signorina a distanza di un mese non vuole prendere un suo carattere, una sua forma... e mentre continuo a scrivere poesie, lei se ne rimane lì, a farsi i cavoli suoi ed a raccontarmi solo quello che vuole... maledetta prostituta.. vedremo che salterà fuori. Nel mentre, ho toccato il record delle 48 in casa... Piove e mi prende male uscire e poi c'è come una sorta di odio verso il mondo dopo Capodanno e la paura dei botti.. di cui non ho ancora parlato.. nel della paura, ma di Capodanno... ma sarà un prossimo post solitario...

Tutta colpa di Ken Follet


Mi sono addormentato con una domanda: cosa può rendere un libro, un film, una fotografia... insomma, un'espressione d'arte l'Espressione per eccellenza? Cosa di stingue un lavoro da un'opera? Non nego che parte della preoccupazione alla fine è legata a quello che vorrei poter associare nella mia futura memoria alla parola 2008: la pubblicazione del mio libro.
E mi chiedo: cosa devo fare, in che modo devo farlo o dirlo, per rendere il mio lavoro qualcosa di storico?
Per dire qualcosa di nuovo, per non essere la meteora di turno, o peggio, per non essere affatto preso in considerazione? Per non diventare una sorta di Baricco, di scrittore pseudointellettuale?
E la cosa brutta è che non lo so...
Non credo più a quello che sto facendo, non credo più di poter dare qualcosa di nuovo al mondo, devo uscire da questo continuo accoltellarmi ed avvilirmi...
Chissà se scrivo cose da biondo... :-)
Vado a sfarmi di musica, e poi riprovo a parlare con la mia Mena...

mercoledì 2 gennaio 2008

Lento lento questo 2008 è arrivato...


Ho atteso così a lungo la fine del Maledetto 2007, che ora che il nuovo anno è già vecchio di due soli, non riesco comunque a vedere che faccia abbia... perchè rimango sempre tanto legato al mio passato?
Ho speso diversi giorni nel capire cosa mi abbia lasciato in mano quest'anno di Luna appena concluso, ma la mia mente rimane statica in un solo punto, su un solo nome.
Ieri mi è venuta però in mente un'immagine, in cui i 365 si disponevano attorno al mio corpo come un'armatura... Credo manchi ancora qualcosa... Ma già l'idea così forse è molto vicina al reale: il 2007 mi ha regalato qualche difesa in più ( oltre probabilmente ad un'ulcera :-( )...
Chissà a cosa mi servirà...
Ho una fame bulimica di colore...
Ieri ho assistito ad un bellissimo tramonto viola-rosaceo sul profilo di Firenze mentre tornavo a casa, e mi sono stupito di quanto questa città puttana sappia a volte farsi amare...
Chi di voi ha fatto dei buoni propositi per il 2008?

Intanto chiudo con un augurio a tutti, che poi è il messaggio che ho inviato a tutte quelle persone che stanno provando a rendere questa vita un poco meno grigia, e che forse dimentico troppo spesso di ringraziare...

" Niente auguri del piffero senza senso ed ipocriti.
Che ognuno abbia la forza di farcela da solo:
questa è la prerogativa per un anno felice..."


PS:metto anche la risposta di Sabrina che mi è piaciuta molto...
"é bello anche chiedere aiuto in questo mondo di super eroi...".
Grande come sempre!!!