sabato 13 dicembre 2008

Banca del Seme


La sentite la musica?

Sembra sia tornata solo per ricordarci quanto siamo vuoti.

Oggi è un giorno grigio grigio, i miei capelli rossi rossi, le mie dita pure, e non credo ci sarà un nuovo Gesù per la fine della serata a salvarmi da questa vita noiosa.

Sono piuttosto innervosito.

Hanno detto che tutto finirà. Che si è trattato di pochi battiti di vanagloria nella storia di questo continente, che ora torneremo al neolitico postindustriale.

E mentre pecore bicolori si ammazzano per aggiudicarsi un pezzo di nulla verdastro, qualcuno suggerisce idee interessanti.

Non riderò quando accadrà, ma ora la cosa mi diverte. Forse falliremo, forse finiremo come l’Argentina, e tutte le nostre politiche antimigratorie si rivolteranno contro di noi.

Difficilmente ci sarà una nuova Piazza Loreto per i colpevoli di tutto questo.

In caso contrario, spero mi chiamerete, ho un paio di sputi di riserva, annata 1994.


Le mie ansie apocalittiche mi fanno temere un remake del ‘900, o per lo meno della prima metà.

Su una cosa Berlusconi ha ragione: la sinistra pensa negativamente.

È vero anche che il detto “Un pessimista è un’ottimista ben informato” si adatta perfettamente al target culturale degli ottimisti che alimentano abbondantemente il flusso dei suoi voti.

In ogni caso, in piena crisi delle politiche liberali e del capitalismo spinto, dove sono finiti i comunisti, i socialisti, i verdi?

Quali alternative hanno proposto?


Loro, nessuna.


Mi rendo conto di non aver mai fatto post molto allegri.

Ora però è il momento di recuperare. Ho sbagliato, rimanendo accecato da una rabbia che indirizzava, indirizza ancora il mio sguardo verso un unico centro, negandomi lo spettacolo della periferia. Assistendo ai duelli tra defilippiani e venturiani, tra fan di Bonolis o di Scotti, non vedevo le formichine che alle mie spalle stavano immaginando un futuro.

Un mondo diverso, sostenibile ed ecosostenibile, dove la realizzazione personale non passa dall’ultimo acquisto ma dalla riduzione del proprio stress, dal buon vivere. Gente che sogna meno auto, meno smog, meno sprechi. Che accetta di avere un ipod in meno in cambio di maggiore salute fisica e psicologica.

Gente che non cerca la piscina in casa, la climatizzazione selvaggia, l’asciugatrice e la lavastoviglie. Che pensa eco, bio, equosolidale.

Gente che va piano. Che apprezza la lentezza, che mangia slow, che grida “Decrescita!”.

Che acquista locale, che pensa cooperativo, che interviene nella propria vita con senso responsabile.


Utopico? Non credo proprio.

Le banche hanno giocato con l’irreale, e hanno (teoricamente) pagato. Utopico è credere che il mercato possa regolarsi da solo, che la corruzione non esista, che muovere soldi virtuali non influenzi l’economia reale, che troveremo comunque il modo di liberarci dei rifiuti, che il nucleare sia l’unica soluzione, che finito il petrolio troveremo altro, che l’acqua non finirà, che ingegno e tecnologia ci salveranno, perché siamo infallibili.

NO!

Non lo siamo. Sbagliamo, stiamo sbagliando. Stanno sbagliando.

Non sbagliano solo i nostri governi manovrati dalla Confindustria di turno. Anche, e sopratutto, le sinistre che non si accorgono di tutto questo, e che non sanno più offrire alternative allo stato attuale. Che non sanno proporre un nuovo ordine, perché troppo abituate a gestire il loro ruolo di “opposto da”. È il caso di svegliarsi. Qualsiasi cosa accadrà ora, qualsiasi estremismo di destra dovesse affermarsi, qualsiasi ideologia malata dal passato possa riemergere... nessuno potrà definirsi innocente. Tutta questa assenza l’avrà alimentato, ispirato, gonfiato.

Svegliatevi uccellini, svegliatevi!

martedì 25 novembre 2008

Ministre e Puttane (Vita di Europa Platino)



È vero, sono in ritardo. Come spesso accade nella mia vita. Tardi ho fatto sesso, tardi mi sono avvicinato alla politica. E nemmeno ora ho idea di come poter vivere decentemente.
Per cui, aver visto solo stasera “Go Go Tales” di Abel Ferrara può essere considerata una mancanza tutto sommato perdonabile.
Non vedrò mai altro di questo regista, è una promessa, un voto. Il film è bruttissimo, vuoto, scontato, banale e terribilmente reale.
È un discreto dipinto della nostra italina, italietta, itagliaccia.
Questa nazione è una vecchia puttana con il cancro.
Abbiamo i ministri di belle speranze e cattive realizzazioni: l’eternamente oscena Asia Argento, l’eternamente debuttante Stefania Rocca, l’eternamente “sperdinonvederlaancoramaeccolacazzo” Justine Matera, l’eternamente incapace Scamarcio.
Il quartetto delle cattive speranze è così dannatamente associabile all’oscena soubrette del pompino di fronte, la cara (la cifra esatta bisogna chiederla al Cavaliere) Carfagna; al debuttante da nobel prepensionabile per la nostra salvezza Brunetta, all’abbattibile cinghialessa Gelmini, all’incapace (ed economicamente ambiguo, “L’Espresso”docet) Tremonti.
Il film ha lo stesso ritmo del battito cardiaco di questa nazione, ma cos’altro si poteva pretendere? Cadaveri siamo, cadaveri recitiamo.
E così “l’eminenza grigia”è un vecchio sbadato, il premier un buffone senza nemmeno una goccia di stile, che trascina una manica di idioti nella speranza che un dio in pensione ci faccia il favore di salvarci. L’uomo è tendenzialmente caprone, la donna certamente troia. Un’immagine idilliaca.
Forse qualcuno sta attendendo l’arrivo della mano che troverà lo smarrito biglietto vincente, quello che spalmerà i nostri debiti con la stessa efficacia con cui Berlusconi ha spalmato i suoi processi, senza nemmeno l’intervento dell’affittuaria veltronesca, capace di vociare tre minuti, ma di congratularsi rapidamente davanti ad un successo di cui l’altro nemmeno ne è responsabile.
Sempre che l’unzione datagli da Baget Bozzo non fosse fautrice di qualche miracoloso effetto.
Di sicuro, la nostra sommessa controparte in largo vestito ed occhiali alla Mondaini ha imparato bene dalla cara vicina di camera, anzi, di bicamerale d’Alema.
Se oggi qualcuno venisse a reclamare il locale, alla fine concederebbe ampia soddisfazione ai fascisti di turno. Il revisionismo è sulle bocche di ogni mafioso dellutriano della situazione.
E nessuno saprebbe offrire un’alternativa.
E quando qualcuno estrarrà il biglietto vincente, scaduto o consunto o bagnato sarà: illeggibile, nessuna rianimazione ci salverà.
Bentornati.

Ps: Sono un fan di LaChapelle, non abbiatene a male per l'accostamento con i soggetti miseri di questo post.

sabato 6 settembre 2008

Post-it

Sono ancora vivo, per la cronaca.. seppure senza internet... nel mentre grosse comete sfrecciano nel mio cielo, si schiantano contro la parete di camera e non mi permettono di capire dove debba girare la testa. in ogni caso ci sono. almeno con il corpo.

martedì 19 agosto 2008

Tra scelta e dovere



Ci sono un sacco di domande che fino a pochi giorni fa non mi sarei mai posto.
Davo per scontato che l'accettare di essere gay passasse solo dal riconoscere che mi piace il cazzo, e non la pota, ma dando per scontate le dinamiche di coppia, adattandole semplicemente a quello dello schema eterosessuale.
Ho criticato le dive che pensano solo al bel vestire, ma dimenticando che ragazze e ragazzi della “giusta sponda” non fanno altro... no, non è così.
Non siamo gli etero. Ci siamo tagliati le palle adattandoci a loro, rendendoci parte attiva nella nostra sottomissione economica, trasformandoci in vittime consapevoli, diventando solo un gruppo con un enorme potere commerciale ed un target prevedibile per ogni azienda.
L'unico gruppo che poteva realmente portar avanti un progetto socilae si è venduto anima e corpo, soprattutto corpo, al mostro capitalista... emarginando l'emarginato.
Quanti gay non fashion troviamo in un locale? Quanti omosessuali su una sedia a rotelle abbiamo conosciuto? Magrebini, siriani, zingari? Ci dividiamo tra locali gay, e lesbo, Leather ed orsi, Ireos, Arci ed Associazione Gay e Lesbica. Emarginiamo l'emarginato, ci vergogniamo di noi stessi, vogliamo essere l'Altro, senza cercare una nostra identità, senza comprendere quanto sia frustrato l'Altro, con la sua autorepressione sessuale.
Ci freghiamo con le nostre mani: i nostri locali vivono per il sesso che non sappiamo esprimere, Dark e saune richiedono tesseramenti che certificano a pagamento la nostra froceria, soldi girano e girano ma non per emanciparci, per capire chi siamo, per aiutare chi non riesce a sentirsi, non si può fare, non si vuole fare. Perché se i locali investissero parte dei soldi in attività sociali, perderebbero la loro clientela. Vivono di chi il sesso non sa vivere, di chi non si accetta, di chi si smercia, di chi non vuole riconoscere la propria anima. Educare la gente al viversi sarebbe come se il mio macellaio di fiducia mi obbligasse ad una dieta macrobiotica.
E noi? Noi cosa facciamo? Restiamo a guardare. Ci lamentiamo.
Decidiamo di non farci vedere in giro che è sconveniente.
Di non tenerci per mano in pubblico, di non baciarci, toccarci, amarci, parlarne, sperarne.
Ma non possiamo decidere.
DOBBIAMO farlo. Per chi non riesce, per chi non capisce, per chi non si ama, per chi ha davvero paura.
È nostro dovere capirci e farci accettare, far pensare, fare scandalo, fare notizia, fare riflettere.
Fino a quando resteremo qui, silenziosi, a vivere le nostre vite di nascosto, saremo nella mano che ci accoltella, che ci strozza, che ci uccide ogni giorno in qualche punto di questo mondo represso.

lunedì 28 luglio 2008



Probabilmente sarà un post banale, noioso, scontato.
La mia esperienza bergamasca sta per concludersi, muovendosi lungo un unico filo conduttore: la paura.
Non la mia, per una volta, ma quella di chi ancora vive qui.
Tutti hanno paura del Grande Mostro, del Grande Ignoto, dell' Altro.
La gente teme l'Altro in ogni sua forma.
Alle elezioni pensavo che la vittoria della Lega in queste zone fosse legata all'idea del Federalismo.
Avevo lasciato una comunità sempre più ricca, sempre più materialista alle mie spalle.
Una richiesta di autonomia economica mi sembrava anche comprensibile.
Dopo 4 anni la gente è regredita ad uno stato di beligeranza costante contro il diverso da se.
Ovunque sono stato in questi 8 giorni, a casa, dai nonni, al ristorante, dai vicini, tutto è stato uno sparare a salve sull'immigrato.
Quel voto è stato dato contro il diverso da se.
Ogni reato che è stato commesso, o, peggio, potenzialmente commesso ( la guerra preventiva di Bush fa scuola ) ha sempre l'impronta di un immigrato.
E se anche fosse vero, se la rapina al piccolo ristorante fosse stata commessa da due stranieri, non sono stati Tizio e Caio, oppure, “dei marocchini”.
Per tutta la settimana sono stati “I marocchini”.
Come se dietro le mani di quelle due e tre persone che hanno commesso il crimine ci fossero le braccia di un intero popolo.
Come se, per il crimine di mio zio in Romania, tutti noi italiani fossimo colpevoli.
Logicamente , in tal caso, si parla sempre di due pesi e due misure.

Mi sono sentito chiedere quanti crimini succedano nella mia Firenze.
Se non ho paura ad uscirci la sera.
Se non odio essere fermato ogni due secondi dai nerini che vendono calzette ed accendini.
Se non mi infastidiscono i Rom con il loro modo di fare.
Non posso rispondere, sarò codardo, ma non capirebbero.
Non hanno conosciuto quel ragazzo senegalese che mi ha aiutato con le sporte della spesa, quella zingara che mi ha chiesto informazioni dandomi del lei, quel camerunense che con fare tranquillo mi ha chiesto, in un momento di tristezza, se stessi male per colpa del mio ragazzo.
Una frase che non sentirò mai nemmeno dai miei genitori.

Non vogliamo ammettere le nostre colpe in una crisi economica, la responsabilità dei nostri silenzi nella mala politica, le nostre furberie quotidiane, lo stato di abbandono in cui la generazione che ora comanda ha lasciato noi giovani. Almeno una volta di diceva “ Governo ladro!”.
Ora tutto va male, ed è colpa di Muhamed.

La Lombardia sta raggiungendo un record poco piacevole, quello delle persone sole.
Si parla del 23% della popolazione regionale sopra i 65, e di più della metà,abbandaonata a se stessa.
Potremmo rivolgere un saluto, una mattina, ed avere per noi tutto un mondo che non vedremo mai.
Ma , come sempre, prenderemo la nostra strada per il parco, ed, ad occhi chiusi, pensermo a tutto quello che è stato nel nostro passato.

sabato 26 luglio 2008

Ashes and Wine

Qualcosa avrò pur fatto, no?

Mi guardo allo specchio, e passo le dita sulla pelle, un poco più secca.

Osservo le pieghe attorno alla bocca, pensando a quelle di mio nonno.

Gli occhi arrossati da un'altra notte insonne.

Lo sguardo che non riconosco.

Di cosa ho paura?

Quali ombre alle mie spalle? Ne vedo le lunghe dita afferrarmi, portarmi dietro il muro, in un mondo di attese.

Il cemento, l'intonaco affondano nei polmoni, nelle pupille corre l'acqua stantia, sui piedi blatte, vive e morte, mi indicano lo scorrere del mondo, anche senza me.

Statico mi chiedo, cosa ne ho fatto di tutto questo tempo, di questi anni, di un'anima imprigionata...

Da uno a dieci, quanto sono morto?


Ho mai considerato possibile delegare tutta la mia felicità all'amore?

Ma in tutto questo vuoto, c'è spazio giusto per una cosa...

Per un ballo triste, le mie braccia attorno al fantasma di ciò che ero.

E l'ultimo passo è stato il primo.



sabato 19 luglio 2008

Self Evident


Questo insieme lunghissimo di parole, è una poesia tradotta in italiano della mia sempre più amata Ani DiFranco...

"Sì, noi tutti siamo solo poesie
al 90% metafore
con una povertà di senso
che si avvicina all'iperdistillazione
eppure c'è stato un tempo in cui eravamo raggi di luna
e scivolavamo giù per il collo di una giraffa
sì, scivolavamo per quel lungo corridoio
nonostante quello che dice l'impianto voce
sì, scivolavamo per quelle lunghe scale
con il whiskey dell'eternità fermentato e distillato per diciotto minuti
che ci bruciava in gola
giù per il corridoio
giù per le scale
di un edificio così alto che resterà lì per sempre
sì fa parte di una coppia
là sulla prua dell'arca di Noè
la coppia più prestigiosa che si rimandava la palla
contro un cielo perfettamente azzurro
in quel mattino sublime
con la sua bellezza da estate indiana
il giorno in cui l'America cadde in ginocchio
dopo aver camminato impettita per un secolo
senza mai dire grazie o per favore

e lo shock fu subsonico
e il fumo assordante
perché eravamo tutti al lavoro in orario quel giorno
e tutti ci siamo imbarcati su quel volo
e poi mentre le fiamme infuriavano
ci siamo tutti arrampicati sul davanzale
e poi ci siamo presi per mano,
tutti e ci siamo lanciati nel cielo
e ogni distretto ha alzato gli occhi
quando ha sentito il primo scoppio
e ogni stupido film d'azione di colpo è sembrato superato
e quell'esodo di persone e automobili
assomigliava alla guerra
più di ogni altra cosa che abbia visto finora
finora, per ora

così fiero e ingegnoso
un fantasma poetico riapparso dopo due secoli
che ogni commentatore idiota si trovò a balbettare
"oh mio dio" e "è incredibile"
nient'altro per ore e ore
e voglio dirvi una cosa, già che ci siamo:
potete tenervi il Pentagono
tenervi la propaganda
tenervi ogni singola televisione
che ha tentato di convincermi
ad aderire al piano di qualche liceale fanatico
per orchestrare la ritorsione
proprio mentre il fumo bluastro e tossico
del nostro esempio di ritorsione
sta ancora ammorbando l'aria
e abbiamo cenere sulle scarpe
e cenere nei capelli
un mantello di sottile di limo
da Hell's Kitchen a Brooklyn
e le strade sono piene di storie
di svolte impreviste e ritardi provvidenziali
e ogni bar aperto
si riempie fino al soffitto di leggende di disastri evitati per un soffio
e il whiskey scorre come mai era successo
mentre in tutto il paese la gente scuote la testa e si versa da bere.

E allora facciamo un brindisi
a tutti quelli che vivono in Palestina
Afghanistan Iraq El Salvador
un brindisi a tutti quelli che vivono nella riserva di Pine Ridge
sotto lo sguardo gelido e pietrificato
del Mont Rushmore
un brindisi a tutti quei medici
e quelle infermiere
che ogni giorno permettono alle donne di scegliere
che affrontano una minaccia grande come Oklahoma City
solo per ascoltare la voce di una ragazza
un brindisi a tutti i condannati a morte
che in questo momento aspettano la loro ghigliottina
soffocati dal terrore
e possono fuggire solo in se stessi
per trovare la pace in forma di sogno

perché portateci via le nostre playstation
e siamo una nazione da terzo mondo
dominata da una specie di erede blasonato
che ha usurpato lo studio ovale
e quelle elezioni fasulle
voglio dire,
che non ci vuole certo un metereologo
per guardare fuori che tempo fa
Jeb aveva detto che avrebbe consegnato la Florida, gente,
e altroché se ci è riuscito
e queste sono le nostre verità lampanti
1. George Bush non è presidente
2. l'America non è una vera democrazia
3. i media non mi prendono in giro
perché io sono una poesia
attenta all'iperdistillazione
non ho posto per una bugia così prolissa
abbraccio con uno sguardo
tutta la mia famiglia di esseri umani
e sollevo il bicchiere in un brindisi
che sia il nostro ultimo sorso
di carburanti fossili
giuriamo di farla finita con questo veleno
di disperdere gli sciami di aerei pendolari
e ritrovare quel biglietto del treno
che avevamo perduto
perché c'è stato un tempo in cui la ferrovia costeggiava il fiume
e curiosava in tutti i cortili
e c'era il bucato steso
e graffiti che ammicavano da ponti e muri di mattoni
giravamo tra montagne e vallate
sotto le stelle
io sogno di viaggiare come Duke Ellington
nella mia carrozza privata
sogno di aspettare
sulle alte panchine di legno biondo
in una stazione centrale inondata di grazia
e poi in piedi sul binario
sentire l'aria sul viso
restituire alla notte il suo fischio lontano
restituire alle tenebre l'anima
mandare affanculo una volta per tutte le grandi compagnie petrolifere
e imparare da capo il rock'n'roll

sì, gli esempi ci circondano
e ci aspetta un cambiamento
e dunque è ora di esaminare le macerie
ripulire le strade e rinfrescare l'aria
cosringere il governo
a tirar fuori il suo grosso uccello dalla sabbia del deserto di qualcun altro
rinfilarselo nei pantaloni
e farla finita con gli slogan ipocriti di libertà duratura
perché quando quell'unico telefono ha chiamato
nel 2001 alle nove e dieci il 911
che è il numero che tutti abbiamo chiamato quando quell'unico telefono ha squillato
dietro la parete dalla nostra scrivania
fino al corridoio
lungo le scale interminabili
di un edificio così alto
che il mondo intero si è voltato
solo per vederlo cadere.

E già che ci siamo vi ricordate la prima volta?
la bomba? il camion?
il parcheggio sotterraneo?
la principessa che non si era neppure accorta del pisello?
vi ricordate come ci scherzavamo sopra?
riuscite ad immaginare quanti bicchieri di carta dovrebbero cambiare decorazione
inseguendo l'incredibile cambiamento dello skyline di New York?
era solo uno scherzo, naturalmente
solo uno scherzo
ed è successo solo pochi anni fa
e allora che l'inchiesta dimostri
che l'FBI era coinvolta nel caso
che la trama era evidente e sotto gli occhi di tutti
e ad esaminare la zona religiosamente
la CIA - o è il KGB?
che ha commesso innumerevoli crimini contro l'umanità
sempre con questa eventualità come scusa
per tutti gli abusi
commessi l'uno dopo l'altro
senza mai un indizio
guardate c'è un'altra finestra lassù,
al 104° piano
un'altra chiave
un'altra porta

letterale al 10%
al 90% metafora
tremila poesie travestite da persone
in una giornata quasi perfetta
dovrebbero essere qualcosa di più
che pedine nella sacra rappresentazione di qualche stronzo
così adesso tocca a voi e tocca a me
fare in modo che non siano morte invano.
Shhhhh...... ascolta piccola, lo senti il treno?"

venerdì 18 luglio 2008

Perline

Una ad una, si sono fatte infilare lungo il filo di rame.

Rosa alcune, gialle altre, nere, verdi.

Si sono ammassate su quel filo, creando un ordine armonico dal caos della scatoletta dove prima si trovavano.

Ora fanno parte di un piccolo albero colorato.

È stato facile. Qualche ora di pazienza, un paio di film per farmi compagna.


Ogni vita è composta di perline colorate. Si spera sempre che quelle nere siano poche, quelle rosa, gialle, verdi ed azzurre tante. Una o due viola. Qualcuno le preferirebbe tutte bianche.

Arriviamo quel punto della nostra vita in cui però, filo di rame in mano, non sappiamo cavarne un alberello, una spilletta, un fiore.

Non sappiamo dare un senso a tutto quello che è accaduto, scegliere tra i vari colori per dare una priorità che sembra necessaria.

Fuori il vento soffia forte, spinge la finestra, la apre, sposta perle e carte.

Un tarocco scivola a terra. La Morte.

È tempo di cambiare, e noi non sappiamo dove andare.

Non sappiamo nemmeno dove il Fuori voglia andare.

Ci sediamo, piangendo e guardando il vuoto.

Qualcuno riesce a farlo fino all'ultimo giorno della sua vita.


Un alberello non è un solo filo di rame.

Molte perle, molti fili.

Ogni tanto qualcuno si spezza, mentre ne chiudiamo le anse.

A volte qualcuno spicca più degli altri, per la sua armonia.

Anche se molti alberelli sono ammassi caotici.

A volte un rametto non è stato chiuso a dovere, ed alla prima pioggia, le perline cadono una dopo l'altra a terra. E nessuno le raccoglierà più.

Si perderanno nel fango, nell'erba, qualche uccellino le ingoierà.


Sono due ore che aspetto, filo nella destra, due perline rosa nella sinistra.

Quelle nere hanno trovato il loro giusto posto, quelle gialle e quelle azzurre di recente si sono diradate.

E queste due, attendono fredde di essere appese ad un ricordo.

domenica 1 giugno 2008

Rollercoaster - Gay life -

Non c'è spazio per noi, ragazze.

Non c'è spazio per le nostre scelte, per i nostri piccoli passetti.

Aspettando Dior moriremo dietro quei piccoli bicchieri di Martini, e no, sai una cosa, non so dove andare.

Ora ho quarant'anni, e sai cosa penso?

Che non sia cambiato niente.

Quando ne avevo venti, stavo di merda uguale.

Solo avevo abbastanza forza da nasconderlo.

Cosa voglio ora?

Uscire da tutto questo.

È tanto cool.

Ed è tanto caldo.

Ho bisogno di un poco di sano sesso.

Ferma la tua mano sale lungo la mia schiena.

Forse qualche scorciatoia verso il Paradiso la conosco ancora...

Forse posso dirti come non perderti.

E poi, quando il succo del tuo Amore sarà sul mio petto, sulla mia faccia, sai dirmi cosa sarà di noi?

Non ho ancora conosciuto il Noi.

Di certo, si è nascosto bene nelle pieghe delle mie paure.

Ed ora?

Posso dire di non averne?

No.

Però ho imparato a versare il contenuto di una bottiglia dentro la gola del lavandino, se serve.

Non basta?

E allora, che dire del passato?

Che forse, ho amato due fantasmi, sostituendone le figure come matrioske difettose, dai lati che non combaciavano?

Ho chiuso gli occhi, nascondendo la realtà.

Nessuno è mai esistito.

Ho cancellato un anno di vita, un anno di vittorie mancate all'ombra di un fantasma poco caldo.

Ieri sera, incontrarlo è stato liberatorio.

Non ti ho mai amato, pensavo solo di amare la tua immagine.

Il mio cuore gela un poco ma apre le sue mani al cielo.

Aspettando un Dio che non c'è. Se non nel mio Long Island.

Pronunciato Lng Ailland.

Un poco come ho pronunciato “Francesco” come “Simone”.

Un poco di morte in regalo.

Per farmi capire dalla mia prossima elucubrazione onanistica.

In attesa di un riscatto.

Siamo tutti caduti così in basso, da vedere gli altri un passo più sotto della realtà.

Il paradosso di Achille e la Tartaruga.


Non c'è spazio per noi, ragazze.

Non credo lo vendano su E-bay.

Nel caso, fatami sapere.

Ho un poco di cuore in procinto di marcire.

martedì 20 maggio 2008

I Know Where It's At

It's just a Bootie Call...
è dal lontano '98 che ascolto questa canzone.
Dieci anni.
Ero seduto sulla mia sdraio nel sole di luglio, dopo aver richiesto alla nonna la cassetta delle Spice, e quella delle All Saints.
Prendevo il sole, ed intanto calcolavo i minuti per potermi fare una cassettina perfetta, con le registrazioni dalla radio e qualche traccia "intera" di quelle cassettine.
Lavoravo ore su una compilation, poi la mettevo nel walkman, rubavo le batterie a papà ed andavo nella Valle vicino a casa.
Mi arrampicavo sulle rocce umide, a volte cadevo nelle pozze che non volevano saperne di sparire, perchè a loro, del sole, non importava nulla.
Mettevo la mano in quell'acqua, cosciente che di quel gesto allora non me ne sarebbe fregato nulla, ma che mi avrebbe salvato qualche lustro dopo.
E poi, potevo cantare.
Cantavo fino a non avere voce il giorno dopo, ad evitare spiegazioni.
Cantavo ed urlavo la mia paura.
Paura della diversità che usciva.
Dell'incapacità di farmi capire.
Del non capire me stesso.
Delle rare volte in cui mi sentivo diverso dalla nullità, perchè sono sempre stato uno sfigato.
Cantavo dei pianti, e della sessualità.
Il mio sesso bruciava e non ha trovato mai uno sfogo, fino ai vent'anni.
Fino a vent'anni non sono venuto, perchè non capivo.
Se non capisco, affondo.
Ed ora capisco fin troppo bene, ed affondo benissimo.
Vedo le ombre dei miei rapporti.
Le mani che non mi toccano, gli amici che non sanno sostenermi.
Ricordo malamente le voci che mi narrano di chi fosse Borsellino, quando era già per me passato.
Di come la morte di Biagi fosse oscurata dalla mia prima canna.
Ora capisco e vorrei poter morire, ora, ma non ho tanto coraggio.
Quello che non so dire è la base di chi non può parlare.
Prima c'era la morte di Pecorelli, ora basta l'Editto Bulgaro.
E vedo Santoro e Travaglio allontanati dalla tv di Stato.
Quella che pago ogni anno perchè possa sperare in una difesa.
Vedo gli attacchi a Rai Tre.
Vedo quello che succede a Verona, le ronde di Firenze.
Quello che è successo ai due trans a Roma.
Carico il mio mp3 di canzoni festose, di "Wow" di" Gimme More"e "4 Minutes",
Ma la mente non si ferma e grida.
E non so più cantare.
Nè piangere.
Bevo.
E non parlerò dei tempi bui che ci aspettano.


Mi manca "Wannabe"...

venerdì 16 maggio 2008

martedì 13 maggio 2008

Rehab

Anche io ho bisogno di andare in Rehab.

Devo disintossicarmi da alcool e morte.

Missà che a forza di scoparci, mi sono lussato le cosce.

Perché sopra ci sta sempre lei...

Non sono un granché bravo a muovermi, tra i compromessi ed i silenzi concordati tra bipedi malpensanti.

Tra amici non si parla della paura della vita? Delle tue colpe?

Morirò senza sapere quello che gli altri pensano realmente di me, vero?

Che cosa ingrata.

Allora, non chiamatemi più “amico”.


Forse si, andrò con Ami e Brit in Rehab, ognuno nella sua stanza, a discutere da soli a voce alta davanti ad un crocefisso dei massimi sistemi.

Siamo tutti preparati per salvare il giardino del vicino!

Piccoli eroi di tutti i giorni, senza un fiore nel nostro orto.

Le disgrazie sanno attendere prima di coglierci.

E spesso, lo fanno quando diamo loro le spalle.

Sorridi ora, alla tua immagine.

Sei tra il pubblico di “Amici”?

Cavoli, sei riuscito a dire la tua... non mi dire, Maria ti ha dato la parola.

Ti ha dato la parola.

Perché, prima non l'avevi mai posseduta?

Serve un moderno Prometeo da Peep Show da finocchi repressi per averla?

Allora te la offro anche io.

Ma voglio sentire la tua, di voce.

Non quella di chi ti ha istruito, cresciuto, violato.

Diremo solo quello che non viene dai pensieri degli altri.

Abbiamo tutto il tempo.

Per questo, sarà un discorso monotono, temo.

Per lo meno, fino al nostro

- See you soon.-

Goodbye my lover, goodbye my friends...

mercoledì 7 maggio 2008

Il giorno del mio matrimonio

Mi sta aspettando da dieci minuti, ma non è arrabbiata.

Contro ogni aspettativa, è vestita di un candido bianco, che la rende magnifica.

Mia nonna mi porge il braccio. Dopo 14 anni è bellissima.

La mia giacca è ancora un poco sporca, proprio lì sopra, e così lei ci mette un piccolo giglio in bocciolo, per coprire il colore mattone.

Mia madre non c'è: il suo tempo è ancora lontano.

Attraversiamo lo stretto corridoio fino all'altare, e mi sembra di volare.

In molti sorridono e salutano, gente che non mi aspettavo di trovare.

Come Fabio, il mio ex vicino di casa, che a volte sembra voglia prendersi il mio corpo per tornare a vivere.

Ma siamo lì, tutti, e lei ci sorride.

Ogni volta è diversa, ma per tutti la stessa.

Per questo ci capiamo.

Non piangono, ma applaudono quando la bacio.

Da queste parti è l'inizio di tutto.

Non c'è prete

In fondo non sono mai stato un ottimo cattolico.

Le promesse sono le nostre.

E quando lei mi giura che sarà per sempre, sono sicuro che non mi deluderà.




Ps: devo chiedere scusa/ringraziare Eugenio, perchè, poverino, ogni volta si mette le mani nei capelli per i mie strafalcioni grammaticali... Sono un artista ( ???????? ) non uno studioso di filologia, purtroppo... :-( passaci sopra, o alla lunga sarò responsabile della tua ulcera :-)

martedì 6 maggio 2008

Give it to Me

Hai voglia di seguire il ritmo?

Lo senti il passo nelle gambe, che non riescono a fermarsi? Ti viene un poco di swing?

Rock 'n roll sul tavolo?

Hai voglia di venire con me?

Solo per questa notte.

Niente sesso, niente di violento.

Un poco di pericolo.

Balla con me, e lascia che ogni passo parli del tuo pozzo, di tutto quello che si nasconde dietro le tue notti.

Se pensi alla morte, un passo a destra.

Se pensi alla voglia di cambiare, uno spinning in avanti.

Un salto per l'amore, due per la fama.

Un passo a sinistra per la voglia di rivoluzione.

Per la resa, un giro sul posto.

Alza le mani se vuoi dire la tua.

Scendi verso il basso se vuoi solo non essere notato.

Uno striptease per chi vuole denaro.

Si rivesta chi non vuole rimanere solo.


Qual'è la tua danza?

Cosa mi proporrai questa notte?

Quale passo pensi farò sulle tue carni?

Aspetto tue nuove, ti lascio scegliere il locale.


La musica, logicamente, sarà la mia.

giovedì 1 maggio 2008

Chi ha già spento la luce???

La settimana terribile...

il litigio si è insinuato ovunque.

La torre di Babele che mi ha circondato fin'ora è crollata.

O forse non è mai esistita.

Un giorno non troppo lontano, accadrà quello che nella mia mente è solo un sogno.

Fino ad allora...

Resistere! Resistere!! Resistere!!!

martedì 29 aprile 2008

Rispetto


Forse l'unica cosa che ci differenzia dagli animali è la capacità di rispettare qualcuno.
Può esistere una graduatoria del rispetto?
O, forse, è un vaso che si riempie?
Si colma, volta per volta, di tutti i comportamenti che feriscono il nostro senso del diritto, fino a quando, colmo, non innonda tutto quello che può trovare vicino a se?
Esiste un momento in cui scopriamo il nostro orgoglio, la nostra richiesta di rispetto? O rimane un sentimento latente, che cede alle barriere dello stress e chiede di essere ascoltato?
Si tratta di un leone, o di una iena?
E' un amico, o un nemico?
Chiedo rispetto, finalmente, od ad ogni modo.
Ma, in ogni caso, il risultato è lo stesso: allontanerò molta gente da me.
Forse, il problema non è il rispetto.
E' la mia cronica carenza nella capacità di dialogo.
Fatto sta che il ferro è colmo, il fuoco vivo, e presto o tardi, nella mia vita le voci accanto alla parola: "amico" avranno una riduzione drastica.
Per il resto del mondo: attendiamo in pace qualche nuova follia...

domenica 27 aprile 2008

Memoria

Ricordo.

Io ricordo!

È una fase che possiamo dire, così, senza responsabilità?

Quando la pronunciamo, spesso è per poter rafforzare una teoria precedentemente espressa ( “ Non ci sono più le mezze stagioni! Mi ricordo che quando avevo 12 anni... “).

Oppure, per mostrarci interessanti ad un altro interlocutore ( “Mi ricordo, il giorno in cui mi violentarono.. “ ).


Quando questo piccolo agglomerato sillabico viene espresso, la responsabilità civica, sociale è enorme, perché è la versione pagana de “In nome di Dio, io dico che..”.

Il passato è il nostro Dio.

Io ricordo, e se lo ricordo, non può essere errato. Quindi la mia teoria è incontrovertibile.

Mi giustifico del ricordo, mi giustifico per Dio.

Io ricordo così bene...


Ma il Dio del passato è un Dio stolto.

Personale.

La sua visione dei fatti è locale, sia del punto di vista temporale che fisico, dalla visuale. È come se rigirassi “Nodo alla gola”: potrei farlo dalla cassa, dalla finestra, dalla cucina, dalla lampada, dalla prospettiva di James Stewart, ed ognuno potrebbe dire di aver visto cose diverse, non solo nei particolari, ma perfino storie diverse...

Tutti i fisici che invece di spararsi seghe si buttano sulle teorie dei multiversi, dovrebbero solo guardare a tutto questo per avere le prove necessarie alle loro teorie.

Due uomini al bar, che si fronteggiano sulle elezioni del '94 ( e le cito per scaramanzia ), visti da un interlocutore esterno, sembrerebbero venuti da due mondi diversi.

Se parlassi con mia madre del dolore che mi ha procurato, non ricorderebbe tutto quello che secondo me mi ha fatto.

Dio è forte perché Dio è IL Passato, è l'assioma su cui posso basare ogni mia scelta...

Sempre che di scelta si possa parlare.

Come posso dire di ricordare?

Scelgo perché, come i cani di Ivan Pavlov, rispondo alla forza di un passato già costruito.

Come posso dire che tutto quello che ho nella mente, è veramente esistito?

Tutto il mondo, il mondo intero potrebbe essere nato oggi, la mia memoria di esso con lui, e dove potrei trovare le basi per smentire i ricordi degli altri?

Ognuno, vive nel suo mondo. Il proprio mondo è incomunicabile. Se non c'è comunicazione, non c'è empatia, ma solo solitudine. Nessuno può salvare se stesso grazie a qualcun altro.

Non potreste mai capirmi ora, e non potrei capire voi.

La mia settima Tennent's si è rovesciata sua una coppia de “La Nazione” del 31 Marzo.

L'odore della carta non sarebbe diverso se vi fosse caduta dell'acqua,ma in questo momento particolare mi ricorda in maniera più efficace quello che usciva dal secchio dove mettevo i giornali a dodici anni, nella mistura di acqua e malefica Vinavil, per farne cartapesta per eroi senza futuro.

Il futuro non esiste.

Grazie a questo, Firenze è uno zombie che cammina.


Il ricordo è fallace, il passato non esiste.

Cari fisici, vi porto una prova indistruttibile.

Se il passato esistesse, ed il mondo del ricordo fosse reale, la gente ricorderebbe tutti gli scandali del quinquennio 2001-2006. Cirami, Salva-Previti, Gasparri, Bossi-Fini, Fini sulle droghe leggere...

Ricorderebbe che far la spesa allora era un dramma come ora, che i criminali uccidevano lo stesso numero di persone, e che Del Debbio era un coglione come lo è oggi.

Se il passato esistesse, non avremmo questo governo.

Se il passato esistesse, Berlusconi parlerebbe dal carcere di San Vittore.

giovedì 24 aprile 2008

Torta salata con asiago, funghi e speck

Lo so che non è da me, ma ho fatto alcuni giorni fa questa torta salata e devo condividere con voi questo preciso momento... una delizia super!!!

"2 pasta sfoglia
150 gr. di asiago
2 uova
2 cucchiai di latte
5-6 fette di speck
sale
pepe
1/2 cipolla tritata
150 gr. di champignon (anche surgelati)
prezzemolo

Preparazione
Appassire la cipolla in un cucchiaio d'olio, unire i funghi affettati e un cucchiaio di prezzemolo. Cuocere per 10 minuti a fuoco medio e lasciando asciugare molto bene.
Frullare l’asiago con il latte, le uova, sale e pepe e qualche noce.
Stendere la pasta in una teglia rivestita di carta da forno.
Versare sulla pasta il fondo di funghi, coprire con la crema all’asiago e stendere le fette di speck.
Coprire con la seconda pasta sfoglia bucherellare e infornare per 30 minuti (finchè la sfoglia non si è dorata)."

Forse è così buona perchè assomiglia a questo periodo.. ha un sapore un poco salato, un poco dolce, un poco piccante, un poco amaro... come per ogni ricetta, qualche ingrediente può essere aumentato, diminuito, od eliminato.. vedremo su cosa metterò mano... :-)

lunedì 21 aprile 2008

Domani

Oggi è stata una bellissima giornata.

domenica 20 aprile 2008

Fire Door

Ho sempre pensato che il problema più grosso nella propria evoluzione personale potesse essere l'affrontare l'obbligatorio passaggio verso la morte.

Probabilmente, considerandola come una scappatoia da tutto, non mi ha mai creato enormi problemi.

Anche se, facilmente, posso pensare questo solo perché ho 24 anni, e la considero come una mia scelta, una possibilità tra le molte, la mia uscita d'emergenza.

Forse, quando avrò 60,70 anni, non affronterò questi discorsi con tanta leggerezza...

C'è qualcos'altro che mi sta tirando verso il basso in un modo che non sembra concedere speranze, e che posso oramai considerare la causa principale di questo mio malessere esistenziale: non sono unico.

Il mio nome sparirà con la mia morte, o, nel migliore dei casi, con quello dei miei cari.

Non costruirò la Storia, non influenzerò il mondo.

Nell'evoluzione di questa terra, la mia presenza è opzionale, non di certo fondamentale.

Non cambierò la sorte nefasta di questa nazione, non rivoluzionerò la scrittura, non troverò il modo di evitare un terzo conflitto mondiale.

Certo, se ora morissi, qualcuno potrebbe star male, qualcun altro piangerà per me... ma passerà.

E passeranno le loro vite, e finite le loro vite, non rimarrà più nulla di me, di loro.

Ho sempre odiato ( grazie all'educazione all'italiana ) il Manzoni. Però con “I Promessi Sposi”, ha fatto una cosa grandiosa: ha reso giustizia a chi la Storia non l'ha costruita, ma ha svolto solo un ruolo di secondo, terzo piano.

A noi, chi darà giustizia?

La risposta è, logicamente, nessuno. Perché è impossibile rendere a tutti il proprio momento di fama.

Non so più come realizzarmi, completamente demotivato da tutto da un anno a questa parte, ritrovare la mia strada è sempre più difficile.

Non è autocompiangersi, né ricercare un conforto. Credo solo di star vivendo un pessimo periodo, che tocca a tutti, prima o poi.

E proprio perché tocca a tutti, nella sua difficoltà, si priva ancora della sua unicità.

Negandomi all'orizzonte una qualsiasi soluzione.

venerdì 18 aprile 2008

Esercizio Uno: Binomio Fantastico, Ginnastica Fantastica ( Grazie Heather! )


Ho cominciato il corso della scuola Holden, quello edito con "Repubblica" sulla scrittura. Così pensavo fosse carino metterci ogni tanto qualche esercizio... il primo ad esempio, è scrivere un breve racconto di due cartelle, con due parole estratte a caso dal vocabolario. Mi sono uscite "Raucedine" e "Destrosio". si sente poco poco l'influenza dell'ultimo libro che sto leggendo ( "Meno di Zero", di Bret Easton Ellis, oramai mio autore preferito) e molto pesantemente gli eventi di questi 5 giorni... in ogni caso, a voi il giudizio...

"-Ancora?-

Osservo la mano sospesa a mezz'aria. Non voglio dimenticare i consigli di Serena, la mia fitness trainer.

Ma non voglio nemmeno offendere quell'anima malata che mi ritrovo davanti.

In ogni caso, non attende una risposta.

Due cucchiai di destrosio cadono nel caffè nero.

Venti minuti in più di spinning domani a lezione.

- Ed insomma,mi raccontavi di quella ragazza...-

- Ascolta, Gianna..-

Lei si blocca.

Mi guarda, nascondendo in malomodo l'offesa.

Afferra il vassoio e la sento che si trascina in cucina. Perché diavolo deve cercare di essere sempre così perfetta? Nascondo in malomodo il mio senso di colpa, ma mi faccio subito fregare al suo primo colpo di tosse.

- E la tua raucedine...- non concludo la frase, ma il suo modo di appoggiare la zuccheriera è leggero. Segno di pace.

- Lo sai, oramai è costante. Ma non preoccuparti per me, sai bene che sono forte.- mi risponde, tossendo ancora un poco. Continuo a chiedermi chi cazzo abbia inventato il Natale.

Charlie, il vecchio cocker, alza l'orecchio al mio fischio, per darmi poi la schiena, e tornare a dormire. Fuori la pioggia sta sciogliendo la scarsa neve di quest'anno.

- Mi dicevi, questa Serena...- mi rimanda, dalla soglia della cucina. Sa benissimo come ora mi senta in debito nei suoi confronti. Sento pulsare quei quattro biglietti nelle tasche, come un cuore proprio, da cui passa il suo sangue.

- Era solo un gioco, e lo sai. Una sfida per far vedere che non sono meno di... meno di loro.-

- Meno di loro?-

La sua non è una domanda. È una di quelle affermazioni così violente, che sento il mio cuore accelerare, ed il desiderio di schiacciarle la testa sul pavimento, di far leccare sangue e materia cerebrale a Charlie è enorme.

- No mamma, meno di loro. Lo sai che non sarò mai come loro. Come te e papà.-

- Te lo auguro, di non essere come lui. Ma in fondo, l'altro giorno al TG non sembravi come lui. Povera anima, non mi avrebbe difesa nemmeno da un pulcino.-

Faccio per abbozzare uno di quei commenti difensivi, ma mi arrendo.

In ogni caso, Gianna spera che Serena possa essere la mia ragazza.

Afferra nuovamente la zuccheriera, non ascolta nemmeno, o meglio, non mi ascolterebbe, se mai dovessi parlare. Ma non lo faccio, perché tanto la sua testa non è più quella di una volta.

O forse, è sempre stata così, e la giustizia data dall'età è solo la miseria di chi ancora non ha ammesso i suoi limiti. Altro destrosio finisce nella tazza e sul piattino, mentre tossisce. Spero solo che non sia finito nessun germe dentro la brodaglia nerastra.

Nell'altra stanza, la musica di Paolo mi rassicura. Ho sempre odiato Vasco, ma in quel momento è l'unica voce umanamente accettabile.

- Ed insomma, alla fine lo zio c'è cascato nuovamente?-

- Come al solito. Insomma, questa Serena...-

Tolgo una foto dalla tasca. È di quando ero piccolo.

Siamo Paolo ed io al mare, e lui ha i capelli biondissimi, e si vede anche un pezzo del suo due pezzi alle spalle nostre, le braccia sui fianchi, imperiale come sempre è stata.

- Non siamo più questo, ok? Non siamo più questo. Tra due mesi andrò con Michele a Rotterdam.

Vorrei veniste anche voi...-

Sistemando la sua gonna di finto raso, tira fuori un altro dei suoi sorrisi da repertorio.

Noto che le è caduto un altro dente.

Un canino.

- Ma amore,lo sai che non potrebbe essere diversamente..

Sorrido, restando al gioco, ma sono felice nell'aver confermata la loro assenza.

E per sbaglio mi viene un profumo in mente. Zucchero a velo.

Un giorno andammo alla fiera di Celadina, e faceva freddo, e lei comprò una cassetta degli 883 e poi mi regalò dei pesci rossi e dello zucchero a velo, mentre Paolo era troppo piccolo e lo tenne per tutto il tempo in braccio. Ad un certo punto, una bambina grassa e piena di brufoli mi finì contro, buttandomi a terra assieme allo zucchero, metà sul selciato, metà sul mio viso.

Mia madre mi sollevò, senza una parola, e tornammo a casa.

Una volta chiusa la porta, afferrandomi il braccio, mi chiuse in camera.

Ci rimasi tutta la sera. Quando le chiesi il perché, non rispose. Non era da lei, dare spiegazioni.

Afferra un'altra volta il coccio, chiedendomi: -Zucchero?-

Due nuvole di saccarosio evitano la mistura fredda, spargendosi sul tavolino. Cerco di pulire, ma lei mi anticipa con un tovagliolino sporco.

Mi alzo, mentre comincia a tossire, borbottando qualcosa sulla sua maledetta raucedine.

Non credo sia mai stata realmente malata.

- Ciao Gianna.- le dico, sbattendo il portoncino.

Mentre passo, evito lo sguardo di mio padre.

Una guerra persa per oggi è stata più che sufficiente."

Morte


Poison... veleno.. veleno che scorre nelle vene, e come un amante sgarbato ti priva di qualcosa senza troppe smancerie.
Almeno, non sarà come gli altri. Quei pessimi scopatori convinti di essere Dio. Lui ti promette la fine sublime... quale veleno mi consigliate, per vivere tutto questo?
Fluoro?
Arsenico?
Curaro?
Sono un disastro come guerriero. Ho 23 anni, quasi 24, nemmeno un terzo della strada che mi spetta forse, e già voglio abbandonare la scena.
Ma la cosa che non capisco è: perchè non dovrei?
E non ditemi che la vita è sacra, che lo sapete meglio di me che è una lunga merda senza senso.
E dargli un poco di senso è impossibile.
Il confronto con mia madre è stato orribile.
Perchè, qualsiasi cosa farò, dovrò riscattare anche la sua anima.
Perchè ritrovo nei suoi gesti, nei suoi modi di fare, un pezzo di Marco.
Arrendermi sarebbe il modo migliore per non avere più un tale peso sulle spalle.
E se l'uomo non apprezza, magari lo farà Dio al posto suo.
O magari, il mio orgoglio fa ancora tentennare la mano, mentre pensa la freddo del ferro ruvido della ringhiera, un attimo prima della caduta. Od alla perfezione della lama sulla sua pelle.
Od all'amaro di mandorla del cianuro.
Morire, in tutto questo, sembra l'unica scelta veramente libera.
Forse, proprio per questo, continuo ad arrancare nello squallore del quotidiano.

martedì 15 aprile 2008

Sono al mio funerale

La mia morte.
Quello che è successo ieri sera, e quello ceh nel peggiore dei casi durerà per i prossimi 5 anni, è stato un suicidio collettivo, ed ora sento il mio corpo trascinato per miglia, senza corteo, senza musica.
Il corpo mio e quello della nazione in cui sono cresciuto.
è finito tutto. il comunismo, i verdi, persino per la destra vera mi viene da piangere.
Siamo ufficialmente una nazione fascista.
Non è la perdita del Pd il dramma, è la sconfitta di tutti gli altri.
è finito il diritto laico, la libertà di stampa e quella di pensiero imbavagliate, la possibilità di poter sperare.
noi tutti affonderemo, e lo psiconano ci porterà il più in basso possibile.
Ognuno da la colpa all'altro, non mi azzardo per ora a fare commenti od analisi.
Ma siamo responsabili tutti noi.
Tutti quelli che non hanno votato, che non sono scesi almeno una volta in piazza, che non hanno dato voce ai propri timori.
O che non hanno organizzato una raccolta fondi.
Fondi per pagare un cecchino.
Da piazzare ad Arcore.
Poi voglio vedere se il "Bild" ha il coraggio di chiamarlo ancora Highlander.

lunedì 14 aprile 2008

M-day

Alla M, metteteci quello che volete: merda, Marco, mamma..

Nel mentre, il mio tasso nevrotico è alle stelle, altro che calmanti.

Ho dormito male, ho sognato la guerra civile, mi sono alzato alle 8, ho preparato un piatto difficilissimo per mia madre che arriva oggi, e se fosse uscito uno schifo, potrei seriamente uccidere la prima persona che vedo...

E poi ci sono le elezioni.

Non so più cosa sperare, e mi rode all'infinito non aver potuto votare, per quanto non avrei di certo cambiato le cose.

Il calo dell'affluenza, se si mantiene stabile, non credo sia un dato così negativo, il problema grosso è quella percentuale, 62,54% : significa che hanno votato 3 italiani su 5. E' una rinuncia ad un diritto che la dice lunga sull'illusorietà della democrazia, per lo meno da noi.

Vada come vada, non avrà vinto nessuno, temo.

Personalmente ritengo Veltroni vincitore morale, in ogni caso.

È riuscito da solo in poche settimane ad ottenere un punteggio sondaggistico enorme per un partito nato da pochi mesi, e facente parte del governo uscente, in genere sempre penalizzato.

Che vinca o non vinca, ha fatto un piccolo miracolo.

Per la prima volta in 14 anni Berlusconi ha dovuto difendersi, non ha giocato come voleva, ha fatto figure d merda ( ultima per ora quella di venerdì da Mentana ), ripiegando alla fine sugli attacchi alla Santanchè ed a Casini, e con poco senso autocritico a Di Pietro: in fondo fu lui a dare ampio spazio alla vicenda Mani Pulite su Mediaset, a definirlo un eroe nazionale, a chiedergli addirittura di candidarsi con lui nel '94.

Ora invece è diventato quello dalla manetta facile, un terrorista della legalità. Solo perché è l'unico che vuole finalmente sistemare le cose, almeno sul piano morale: non riesce a parlare italiano, ma almeno ha ancora senso del pudore.

Mi domando perché, quando Berlusconi vinse, tutti dicevano di aver votato qualcun'altro: o i voti li ha rubati, o la gente si vergogna di lui.

L'altra vittima, Daniela Santanchè, è stata una piacevole sorpresa: ideologicamente non potrò mai essere d'accordo con lei, soprattutto su quello che pensa in merito all'immigrazione, ed in secondo luogo sulla questione omosessuale. Però ha le ovaie di piombo la signora, crede in quello che dice, ci mette passione, e la sua idea di mutuo sociale è qualcosa a cui la sinistra dovrebbe seriamente pensare. Venerdì ha detto: se una famiglia ha una casa, ha risolto il 50% dei problemi. Ed ha pienamente ragione.

A proposito di donne, alla fine sono state loro a dare un poco di senso e vitalità a questa noiosa campagna elettorale: perché se la Santanchè ha dimostrato forza, la rabbia della mia compagna di segno zodiacale ( ok, caduta di stile :-) )Flavia D'Angeli ha espresso pienamente lo sconforto di chi nella sinistra ci crede, ma si è rotto le palle dei d'Alema, dei Fassino e soprattutto è rimasto deluso da Bertinotti.

Probabilmente non avrai abbastanza voti per poter decidere qualcosa, ma Flavia, se mi ascolti, sappi che oramai sei la donna della mia vita!

Mi rifiuto di commentare i discorsi di Ferrara.

Unica persona per cui introdurrei la pena di morte.


Alla fine sono arrivato ad un amaro compromesso nelle mie speranze: spero che vinca Berlusconi, che vinca per poco, e che finisca come nella sua prima legislatura. Forse finalmente ce lo togliamo dai coglioni.

Di certo, dover sperare in quel rincoglionito di Bossi, la dice lunga su come sia messo questo paese...

Logicamente, non ditelo a mia madre! :-)

domenica 13 aprile 2008

Ruote e prigioni

Senza pelle e senza nome.

Siamo davvero così poveri nell'animo da non sapere difendere chi è più debole d noi?

E, soprattutto, da giustificare il più forte?


Nulla mi ricorda di più la primavera, se non il rumore delle ruote che passano sull'asfalto bagnato, dopo un temporale, mentre strascicano l'acqua e fanno quel rumore che sembra interminabile, in un sali e scendi che ti fa chiedere se in realtà, non stia ancora piovendo.

È quello che succede quando sento parlare di criminalità.

Nulla mi ricorda di più il fascismo, dello strascico delle voci sui CPT, sull'inasprimento delle pene.

La chiamano libertà, questa?

Il carcere non è un centro temporaneo di accoglienza dove mettere quello che ti da fastidio, perché intacca il tuo ideale di vita perfetta, o perché ti ricorda che la tua vita, in fondo, tanto perfetta non è.

Non è nemmeno il luogo dove perpetuare la secolarizzazione del pensiero eterodosso, del dovere sociale e giuridico di stampo, non per ripetermi, fascista.

Il carcere dovrebbe essere il luogo di redenzione.

La parete su cui mi possa appoggiare, dopo aver capito e superato tutto ciò che mi ha portato a compiere un reato socialmente criticabile.

Il carcere dovrebbe essere l'asilo per eccellenza, l'abbraccio materno che permette al disgraziato di comprendere, e non ricommettere, il suo errore.

Dietro ogni colpevole, c'è una vittima.

Dietro ogni vittima, la mano è anche la nostra.

Lo strascico di questi discorsi, è la macchia su chi sta cercando di liberare se stesso dal passato, portandosi dietro un temporale di cui spesso siamo responsabili.

Se siamo tanto indulgenti per i nostri errori, perché dobbiamo essere tanto giustizialisti verso quelli degli altri?


sabato 23 febbraio 2008

Immaginazione


Ho aspettato a lungo a scriverne... forse l'unica cosa in cui sono davvero bravo, è immaginare, sia nel senso di creare immagini mentali di cose che non esistono, sia in parte di prevedere quale possa essere il futuro ( se non interviene il mio insano catastrofismo).


Da piccolo facevo un gioco che è durato fino ai dieci anni: andavo a letto il prima possibile, a volte anche alle sette di sera ( i miei mi spedivano a nanna cmq per le otto, poi otto e mezza quando ero più grande ) e prima di addormentarmi, ricreavo la giornata, immaginando di non essere il bimbo odioso e sfigato che ero, ma il “cucciolo” della compagnia. E così, laddove il pomeriggio ero stato picchiato, o mi avevano messo nel cassonetto la bicicletta, la sera, potevo essere difeso da qualche odioso bulletto inesistente, o coccolato per un goal che ha salvato una partita. Perdonavo tutti in quel mondo, ed il nemico era sempre qualcuno che non c'era. La fine di quella capacità autodifensiva, è coincisa con la rottura di un equilibrio: se prima non vivevo bene, almeno quei “sogni coscienti” mi salvavano. Quando è morta mia nonna Marisa, e tutto quello che è successo attorno, è morto quel rito. Avevo paura del mondo. Ho provato a scappare di casa, ho passato gli anni delle medie in maniera terribile (come i più di noi d'altronde) e fino alle superiori ho odiato me stesso quasi quanto la gente che avevo accanto ( nonna Vittoria esclusa ). Grazie a mio fratello, per un periodo breve, qualcosa si è fermato, ancorato. Avevamo preso l'abitudine di inventarci storie, mi ricordo ancora che gli cantavo una canzoncina inventata su Fantasilandia dove Bunny,il suo coniglio era protagonista. Alcune volte abbiamo scritto dei libri horror disegnati da noi, mi ricordo il suo Dracula...

Fino alla terza superiore, quel potere creativo è finito in altri modi: quando facevo atletica, mi immaginavo di invocare forze planetarie. Durante le ore di matematica cambiavo la fisiognomia di prof e compagni di classe. Quando litigavo coi miei mi immaginavo scene truculente in cui avevano bisogno di me, oppure, cosa poco carina da dire, a come sarebbe stato ucciderli ( spero non abbiano a leggere questo post, dubito capirebbero ). Poi un “maledetto San Valentino”( non c'è stato anno in cui non abbia scritto il 14/2 ) quello del 2001 se ricordo bene, qualcosa è esploso, e da lì ho cominciato a scrivere...


Non volevo annoiare nessuno, però volevo rendere il cammino per l'ora.

Ora l'immaginazione è quasi uno stupro, a volte doloroso, a volte magnifico. Ci sono i momenti in cui le paranoie corrono a mille. Ci sono i momenti in cui leggo e finisco in quel mondo. Ci sono i momenti in cui evado da un dialogo noioso fantasticando su come poter zittire la persona davanti a me... C'è il ballo, ed il mondo li finisce, tra persone che non ci sono e gesta eroiche o erotiche che nessuno mai vedrà. E poi c'è il resto della giornata, così strana... passeggio per Firenze, e vedo la gente ballare a ritmo con quello che mi passa nel Creative. Sono sul bus, ed immagini angoscianti su come un pazzoide potrebbe farci fuori tutti mi danno la tachicardia. Sono alla Coop, e mi vedo riempire la gente di colori... non credo di rendere degnamente il concetto... ma in una giornata, almeno un terzo del tempo non vedo quello che vedo... ed è esaltante quanto terribile... perché mi capita, sempre più spesso, di non sapere se una cosa è stata o meno, se un evento è successo o no, un discorso accaduto, o solo sognato.

Tutto questo finisce tra le dita, quando, davanti al mio pc, o su un foglio di carta, scrivo. Allora, finalmente a mio agio, ogni cosa trova il suo ordine. E quando parlo di Teréza, di Anna, di Clarissa o Cecile ( chissà perché scrivo quasi solo di donne ) la mia anima trova un poco di pace.

Mi piacerebbe un giorno poter “prestare” a certi amici, ed ad una in particolare, questo sguardo difettoso. Forse accetterebbe un po' meglio il carattere odioso del sottoscritto.